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13-set-2017 9.52.53

Lavoro e formazione: come colmare il divario tra competenze e esperienza lavorativa

Nonostante la situazione impiegatizia nel nostro Paese si sia sbloccata da qualche mese a questa parte, trovare lavoro rimane uno dei problemi maggiori di un giovane laureato. Spesso ci si chiede perché le aziende non puntino sulle nuove leve. I ragazzi freschi di laurea sono ancora ricettivi e desiderosi di imparare; perché allora non vengono assunti con un contratto da apprendistato e formati adeguatamente? In questo articolo cerchiamo di rispondere proprio a questa domanda.

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L’azienda e il laureato

Il contratto di apprendistato è un ottimo strumento che lo Stato italiano ha messo a disposizione di aziende e giovani lavoratori. Sfortunatamente il suo potenziale non viene colto come ci si aspetterebbe, specialmente perché questo contratto spesso viene utilizzato per assumere persone già formate. È un controsenso, lo sappiamo, eppure nel mondo del lavoro si palesano anche queste situazioni. Tolto l’aiuto di un contratto atto alla formazione del lavoratore, allo studente cosa resta? Un titolo conseguito in un determinato ambito e la più totale mancanza di esperienza.

La maggior parte delle aziende italiane, avviate da tempo e ben inserite nel mercato di riferimento, tende a preferire l’acquisizione di personale già competente e con esperienza. Questo genera un problema molto diffuso in Italia: l’impossibilità per lo studente neo-laureato di inserirsi nel mondo del lavoro velocemente.  È vero che, al giorno d’oggi, la maggior parte dei ragazzi lavora durante il periodo di studio, ma il lavoro intrapreso è davvero utile al fine di un’assunzione futura? Lavorare durante gli studi implica una buona volontà e intraprendenza del giovane che, nonostante la mole di studio, riesce a farsi carico da solo dei costi universitari e delle trasferte. Per il recruiter questo è un elemento molto positivo a livello di carattere, ma per quanto riguarda le effettive abilità acquisite? I cosiddetti “lavoretti” da studente universitario non preparano alla professione futura; è il percorso universitario a farlo.

Si arriva quindi al post-laurea amareggiati (ecco perché abbiamo scritto l’articolo “Lavoro dopo la triennale: ecco cosa serve per trovare occupazione”), perché nessuno ha voluto credere nelle tue capacità, o perché le proposte ricevute non sono state in linea con quello che tu effettivamente vuoi fare professionalmente. Cosa fare dunque? Ci sono due strade da intraprendere: lo stage formativo e il master.  

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Tirocinio formativo o stage formativo

Partiamo subito parlando dell’usatissimo stage formativo. Questo tipo di contratto è costituito da un “patto” tra soggetto ospitante ed ente promotore. L’ente promotore, nei casi di tirocinio non curriculare (non promosso da scuole o università) è solitamente il centro per l’impiego o un consulente del lavoro; il soggetto ospitante è invece l’impresa, azienda o libero professionista che si assume l’incarico di formare la persona che intraprende il percorso di stage.

Com’è normale, i tirocini non sono tutti uguali. Ci sono quelli di orientamento e quelli di inserimento al lavoro. I primi per esempio non possono superare i 6 mesi, mentre quelli che hanno lo scopo di inserire lo stagista in azienda possono avere durata anche di 12 mesi. L’aspetto della “retribuzione” è stato regolamentato dallo Stato, togliendo la possibilità di far “lavorare” lo stagista gratuitamente. Certo, 300 euro lordi non sono uno stipendio, ma rendono la persona in grado di far fronte almeno alle spese giornaliere.

Visto così non sembra male, in fin dei conti si sta parlando di almeno 6 mesi di istruzione sul campo nel settore per il quale si ha studiato, e con un tutor sempre pronto a seguire i progressi fatti: sembra un buon passo verso la scelta del proprio futuro. Ma c’è un problema: spesso lo stage non è utilizzato nel modo corretto. Nella maggior parte dei casi i contratti di stage sono utilizzati per abbattere i costi e quindi avere manodopera a basso costo. Lo stagista diviene quindi un nuovo lavoratore, assunto magari in periodi di alta produzione o alta stagione, poco seguito (alle volte il tutor è solo una formalità impressa su carta) e mandato allo sbaraglio senza un briciolo di pietà. Anche in questo caso uno strumento meraviglioso come il tirocinio formativo non viene utilizzato nel modo corretto. Con questo non vogliamo dire che tutte le aziende italiane si comportino in maniera scorretta verso i propri stagisti, ma possiamo afferma con sicurezza che quelle operanti in maniera “giusta” sono meno rispetto alle altre: distinguere tra le due categorie al momento della firma del contratto è molto difficile.

Vi è quindi la diffusa possibilità di intraprendere un percorso di formazione professionale inesistente. Senza una guida o un mentore non vi è possibilità di crescita. Lavorando in autonomia si rischia di imparare meccanismi errati e di perseguirli anche in futuro pensando siano corretti. Insomma, può equivalere a tempo mal speso e infruttuoso. Vi è però un'altra strada: quella del master.

Il master

Cosa ci può essere di meglio se non l’esperienza sul campo data dallo stage formativo? Sembra impossibile che un master possa essere meglio dell’esperienza diretta all’interno dell’azienda per accrescere le proprie competenze lavorative, eppure è così. Come abbiamo puntualizzato precedentemente, lo stage non è affatto un cattivo strumento di formazione, l’unico suo problema è l’utilizzo scorretto che se ne fa e la pressoché inesistente vigilanza sulla sua corretta implementazione.

Il master invece offre, a seconda del caso e dell'istituto promotore, una formazione a tutto tondo in aula, con professori di alto livello. Le materie sono accuratamente selezionate per offrire una formazione adeguata nei tempi del master. Di tipologie di master ve ne sono molte, la maggior parte però è caratterizzata da tempi brevi, che sappiamo essere essenziali per lo studente che vuole velocemente avviarsi al mondo del lavoro. Inoltre un master non solo permette di approfondire un determinato ambito, ma fornisce anche supporto personalizzato e inserimento in azienda per un periodo di internship monitorato dall’Istituto stesso.

Informarsi sul funzionamento del master e sugli sbocchi lavorativi al quale  porta è fondamentale. Per questo Milano Fashion Institute fornisce da subito  assistenza allo studente.

Milano Fashion Institute, per esempio, collabora con molte delle maggiori aziende del fashion italiano e internazionale e dà la possibilità ai suoi studenti di intraprendere un percorso di formazione sul campo proprio all’interno di queste realtà. Il nostro Istituto si avvale di collaborazioni con brand come Hugo Boss, Dolce & Gabbana, Etro, Fendi, Gucci Group e così via. Grazie a esperienze come queste i nostri studenti vengono inseriti immediatamente nel mondo del lavoro a loro congeniale e imparano fin da subito cosa significa lavorare in quel settore.

Conclusione

L’esperienza è un elemento ormai imprescindibile se si vuole trovare lavoro nel proprio settore di competenza. Per avere la possibilità di dimostrare le proprie capacità è quindi necessario formarsi adeguatamente attraverso strumenti validi e monitorati. Il master non solo specializza, ma crea valore. Lo studente oltre a accrescere il proprio bagaglio di conoscenze sarà in grado di utilizzarle sul campo, dando prova così delle sue capacità. Inizierà ad assumersi responsabilità, a collaborare con i colleghi, a rapportarsi con i superiori, a gestire clienti e lavorare in team. Inizierà ad accumulare l’esperienza che il mondo del lavoro da tempo ormai gli richiede.

Testimonianze studenti MFI